Roman Vishniac
Sara – Ghetto di Varsavia
1939

di Enzo Gabriele Leanza
27 Gennaio 202575

Oggi non è un “giorno della memoria” qualunque, oggi è l’ottantesimo 27 gennaio da quello del 1945 quando le truppe sovietiche entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz scoprendo l’orrore che esso conteneva, senza ancora sapere che quel “cimitero dell’idea stessa di uomo” non era l’unico.

Non compete a me fare la cronistoria della Shoah, per quello ci sono importanti testi scritti da valenti e qualificati storici oltre a tante pagine online ad essa dedicate, comprese quelle, ahinoi, dei negazionisti. Quel che posso fare è prendere un’immagine come esempio e come monito ed esaminarla.

Ho riflettuto a lungo se scrivere qualcosa per questo giorno, perché fare memoria è importante, soprattutto di certi eventi che hanno segnato profondamente, e in negativo, la storia dell’umanità, ma la memoria, così come la Storia, dovrebbe insegnare e invece entrambe vengono troppo spesso disattese e le cronache di questi anni forniscono dozzine di testimonianze in tal senso.

Mentre riflettevo mi è venuta in mente Sara, bimba del ghetto ebraico di Varsavia, protagonista suo malgrado di un celebre scatto di Roman Vishniac del 1939. A quel tempo le deportazioni verso i campi di concentramento non erano ancora iniziate, ma lo stato di indigenza e segregazione del ghetto, seppur ancora non sancito per legge (quella arriverà nell’ottobre del 1940), era evidente.

Il fotografo concentra la sua attenzione su questo piccolo essere infreddolito, ma il suo ritratto non rimarrà unico; Vishniac infatti fotograferà l’intera comunità ebraica dando vita a una sorta di album di famiglia, che passerà alla storia con il titolo di The Vanished World.

Quel mondo, come recita il titolo, è scomparso davvero, se non del tutto, nella sua stragrande maggioranza. Non ho riscontri certi del destino di Sara, ma per la legge dei grandi numeri nutro poche speranze che essa sia sopravvissuta all’orrore che l’ha investita. Del resto si sa che in “guerra” sono sempre i più deboli a pagare il prezzo più alto e in nessun contesto storico-politico sono state risparmiate sofferenze ai bambini.

Alla luce di tutto questo, i fiori alle pareti della camera in cui Vishniac incontra Sara sono un delicato quanto tragico omaggio-presagio di quel che sarà, un contrappunto delicato a quel viso già così emaciato che difficilmente avrà potuto sopportare altri stenti.

Prendo quindi la fotografia di Sara avvolta nelle sue coperte, come simbolo di una tragedia che allora era ancora in costruzione e di cui conosciamo tutti i tristi esiti. Abbraccio idealmente questo essere fragile con il mio ricordo e con il mio sguardo, sperando di far compiere gli stessi gesti anche a voi, che leggete queste poche righe, con il desiderio che qualcuno si ricordi che di bambine come Sara ce ne sono state e ce ne sono tante, anche oggi, in ogni scenario di guerra, compreso quello della Palestina assediata dai virtuali nipoti di Sara che non rendono il giusto omaggio alla loro stessa memoria.

 

 

 

Roman Vishniac (Pavlovsk 1897 – New York 1990)

Fotografo di origine russa, cresciuto a Mosca, un privilegio concesso a pochi ebrei, determionato dal fatto che il padre Solomon era un ricco industriale e la madre era figlia di ricchi commercianti di diamanti. Fin da bambino si era appassionato alla biologia e alla fotografia e quando la nonna gli regalò un microscopio, lo collegò con una macchina fotografica per fotografare zampe di scarafaggi, insetti morti, foglie e tutto ciò che riteneva interessante. Le rivolte contro i bolscevichi e contro gli ebrei convinsero la famiglia Vishniac a trasferirsi a Berlino nel 1918. La sua notorietà è dovuta all’aver fotografato, su incarico American Jewish Joint Distribution Committee, gli ebrei poveri e la cultura ebraica nell’Europa centrale ed orientale prima dell’Olocausto. Migliaia e migliaia di fotografie, oltre ad articoli, documenti ed altri cimeli, che la figlia Mara Vishniac Kohn ha donato nel 2018 al The Magnes Collection of Jewish Art and Life presso l’Università della California a Berkeley. Nel 1939 la moglie e i figli di Vishniac si trasferirono in Svezia dato che non erano più sicuri nella Germania nazista. Vishniac si trasferì a Parigi alla fine del 1940 e fu arrestato per ordine del maresciallo Pétain, fantoccio del regime nazista. Grazie agli sforzi della moglie e dell’American Jewish Joint Distribution Committee, dopo tre mesi di detenzione, riuscì ad ottenere un visto, via Lisbona, ed a partire con la famiglia per gli Stati Uniti. Delle fotografie che Vishniac scattò in Europa orientale, ben 16.000, solo 2.000 arrivarono negli Stati Uniti. La stragrande maggioranza furono nascoste in Francia dalla sua famiglia mentre altre, in maniera clandestina, furono portate a Cuba dall’amico Walter Bieber.