Post Scriptum
MACRO – Roma
Fino al 16 Febbraio 2025

di Redazione Spectrum Web
21 Novembre 202474
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© Pippa Gardner, Shades of Hollywood, 1982

 

“Dimenticare a memoria” è un’espressione coniata alla fine degli anni Sessanta da Vincenzo Agnetti. Il titolo della collettiva che conclude la programmazione del MACRO sotto la direzione artistica di Luca Lo Pinto la prende in prestito per suggerire l’approccio agli esiti di un progetto che in cinque anni ha portato l’istituzione museale a interrogarsi sulla propria identità, le proprie modalità di produzione e relazione con gli artisti e il pubblico.

Il museo si riflette in una mostra, diffusa in tutta la sua struttura, su una superficie di oltre 10.000 m2. Le opere sono quelle di oltre trenta artisti italiani e internazionali, tra cui quelle prodotte per l’occasione di Tolia Astakhishvili  (con Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Dylan Peirce), Maurizio Altieri, Beatrice Bonino, Francesca Cefis, Pippa Garner, Lenard Giller, Felix Gonzalez-Torres, Thomas Hutton, KUKII (aka Lafawndah), Rosemary Mayer, Charlemagne Palestine, Lorenzo Silvestri e Gillian Wearing.

Tra le altre opere esposte – fino al 16 Febbraio 2025 – quelle di artisti storicizzati, come Luciano Fabro, Isa Genzken, Simone Forti, e di alcune delle voci più affermate della giovane scena artistica come Issy Wood, insieme all’opportunità di incontrare figure viste più raramente, come Pierre Guyotat o Absalon, o che hanno portato una prospettiva artistica nella moda, come Maurizio Altieri, e nel design, come Paolo Pallucco & Mireille Rivier, o ancora artisti emergenti come Hamishi Farah e e Sandra Mujinga.

Post Scriptum. Un museo dimenticato a memoria è una mostra speculare a Editoriale, la collettiva diffusa in tutto il museo con cui nel 2020 si era aperta la programmazione dichiarandone gli intenti e le direzioni. Seguendo la metafora di un magazine, il progetto si è sviluppato per cinque anni con l’impianto editoriale di otto sezioni tematiche corrispondenti alle diverse sale del museo. Alcune hanno indagato l’idea stessa di mostra, altre l’hanno sfidata nelle sue convenzioni, includendo nella dimensione espositiva figure fuori dal sistema, e linguaggi altri, come il design, la musica, l’editoria: un palinsesto che si è composto di oltre sessanta mostre, con il coinvolgimento di duecentocinquanta artisti, sotto il titolo unitario di Museo per l’Immaginazione Preventiva.