Mimmo Jodice
Camera – Torino
Fino al 2 Febbraio 2025

di Redazione Spectrum Web
14 Novembre 202484

Dopo l’anteprima presso Casa Zegna realizzata in occasione delle Giornate FAI d’Autunno, fino al 2 Febbraio 2025, la Project Room di CAMERA ospiterà Mimmo Jodice. Oasi, mostra fotografica realizzata in collaborazione con Fondazione Zegna. Curata da Walter Guadagnini, con la collaborazione di Barbara Bergaglio, la mostra presenta per la prima volta quaranta immagini appartenenti alla serie realizzata dal fotografo napoletano, tra il 2007 e il 2008, per una committenza ricevuta dalla Fondazione. Uno straordinario corpus all’interno del quale è possibile ritrovare tutta la poetica di Jodice, la sua capacità di trasformare gli elementi della realtà, naturali o artificiali, paesaggi o interni, piante o macchinari industriali, in visioni metafisiche, sospese nel tempo e nello spazio.

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Dario Cimorelli, introdotto da una testimonianza di Anna Zegna, presidente di Fondazione Zegna, con un saggio del curatore Walter Guadagnini, un testo di Ilaria Bonacossa e la riproduzione delle 40 opere esposte.

 

 

Mimmo Jodice (Napoli 1934)

Nato nel popolare rione Sanità, è il secondo di quattro figli: rimasto orfano di padre, appena conclusa la scuola elementare inizia a lavorare. Proseguirà gli studi come privatista. Si appassiona all’arte, al teatro, alla musica classica e al jazz e si dedica, da autodidatta, al disegno e alla pittura; alla fine degli anni Cinquanta inizia a fotografare. Nel 1962 sposa Angela Salomone, compagna inseparabile, preziosa collaboratrice e madre dei suoi tre figli, Barbara, nata nel 1963, Francesco, nato nel 1967, e Sebastiano, nato nel 1971. Nel 1964 acquista un ingranditore, strumento che diventerà un prezioso alleato nella realizzazione delle sue immagini. Frequenta in quegli anni l’ambiente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, presso la quale si rivivono le esperienze delle avanguardie storiche. Inizia una serie di sperimentazioni sulle materie, sulle forme astratte, sugli aspetti linguistico-tecnici della fotografia, intesa non come mezzo descrittivo ma come strumento espressivo. Nudo e ritratto sono fra i soggetti preferiti, ma anche gli oggetti di uso quotidiano, reinterpretati alla luce di composizioni astratte, talvolta di segno cubista. Nel 1967 decide di dedicarsi completamente alla fotografia, come ricerca e come professione. In questo stesso anno espone per la prima volta il suo lavoro a Napoli alla Libreria La Mandragola, e pubblica la sua prima fotografia sulla rivista Popular Photography. Nello stesso anno a casa di Domenico Rea conosce Allen Ginsberg e Fernanda Pivano. Il clima di rinnovamento culturale, politico, civile che caratterizza quegli anni aiuta Jodice ad approfondire la fotografia come forma d’arte e a moltiplicare le sue sperimentazioni sulle tecniche e sui materiali. Il 1968 segna anche l’ingresso di Jodice nel mondo dell’arte: inizia infatti la lunga e proficua collaborazione con il gallerista napoletano Lucio Amelio e con altri galleristi napoletani, come Lia Rumma, attraverso i quali conosce alcuni tra i più importanti esponenti delle avanguardie, come Warhol, Rauschenberg, Beuys, De Dominicis, Paolini, Kosuth, Acconci, Merz, Kounellis, LeWitt e Nitsch. A stretto contatto con questo mondo, Jodice si scopre particolarmente sensibile alle emergenze scaturite in quegli anni di rinnovamento e contestazione, e lo manifesta attraverso nuove sperimentazioni fotografiche e la documentazione che realizza intorno a molti di quegli eventi artistici. Per tramite di Lucio Amelio conosce anche critici Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Angelo Trimarco e Germano Celant, che successivamente scriveranno sul suo lavoro. Contemporaneamente, la frequentazione con il musicologo e studioso di tradizioni popolari Roberto De Simone, conosciuto nel 1969, consolida in lui l’interesse per le feste e i rituali religiosi di Napoli e del sud e la passione per l’indagine antropologica. Insieme a De Simone pubblica, nel 1974, il volume Chi è devoto: Feste popolari in Campania. Nel 1970 è invitato a tenere corsi sperimentali all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove, dal 1975 fino al 1994, sarà docente di Fotografia e punto di riferimento per la giovane fotografia napoletana e più in generale del Sud. Sempre del 1970 è la mostra presso la Galleria Il Diaframma di Milano, diretta da Lanfranco Colombo, intitolata Nudi dentro cartelle ermetiche, presentata da Cesare Zavattini. In questi anni Jodice opera fra costruzione artistica e realtà sociale. Nel 1971 conosce Cesare De Seta, con il quale condividerà uno studio a Napoli fino al 1988. L’epidemia di colera scoppiata nella città nel 1971 lo spinge a lavorare sulla situazione sociale: sviluppa un lavoro che consiste non tanto nel documentare la cronaca, quanto nell’indagare lo stato di miseria e di degrado che stanno alla base di tale tragedia. Ne deriva la mostra Il ventre del colera, presentata al Sicof di Milano nel 1973, con un testo di Domenico De Masi. Nel 1975 viene pubblicato il volume Mezzogiorno. Questione aperta, un ampio lavoro sulle condizioni sociali del Sud. La fotografia sociale di Jodice si discosta dal reportage tradizionale ed è orientata non alla ricerca di momenti narrativi, ma di tipi sociali, di figure simboliche, di scenari anche organizzati sui valori plastici dei luoghi e dello spazio urbano.  Prosegue intanto le sue ricerche di taglio più prettamente linguistico sulla fotografia. Nel 1978 presso lo Studio Trisorio di Napoli è allestita la mostra Identificazione, presentata da Marina Miraglia, una mostra importante, poiché presenta in una sorta di analisi autoriflessiva riproduzioni realizzate dallo stesso Jodice di sue fotografie e di immagini di fotografi da lui particolarmente amati, come Avedon, Kertész, Evans, Brandt. Sempre nel 1978 la rivista Progresso Fotografico gli dedica un numero monografico dal titolo La Napoli di Mimmo Jodice, con testi di Giuseppe Alario, Percy Allum, Domenico De Masi, Cesare De Seta e Pierpaolo Preti. Con il volume Vedute di Napoli, con un saggio di Giuseppe Bonini, edito nel 1980, si chiude il “periodo sociale” del suo lavoro e prende avvio una nuova indagine sulla realtà, con la scomparsa delle figure umane dalle sue immagini e la ricerca di uno spazio urbano vuoto e inquietante, carico di memoria e di presenze metafisiche. Con i primi anni Ottanta dalla collaborazione fra Jodice e Cesare De Seta nasce un ambizioso progetto culturale, promosso dall’Azienda Autonoma di Soggiorno di Napoli, volto ad indagare, attraverso l’apporto di diversi fotografi italiani e stranieri, i molteplici aspetti della realtà partenopea contemporanea: il primo volume e la prima mostra del ciclo, del 1981, hanno per titolo Napoli 1981. Sette fotografi per una nuova immagine.  Nel 1983 Cesare De Seta cura Capri, progetto commissionato dalla RAI a Jodice e Ghirri, amico e compagno di strada conosciuto nel 1980: in questa occasione i due artisti avviano un lungo lavoro di ricerca di nuove ipotesi di lettura del paesaggio contemporaneo in Italia, confermate l’anno successivo dalla mostra collettiva e dal catalogo Viaggio in Italia, e nel 1986 da Esplorazioni sulla via Emilia, importanti progetti ideati da Luigi Ghirri.  Nel 1987 inizia, per concludersi dieci anni dopo, la collaborazione di Jodice all’ampio progetto Archivio dello spazio.  Nel 1995, a conferma della definitiva consacrazione di Jodice sulla scena internazionale, esce in edizione americana, italiana e tedesca il volume Mediterranean/Mediterraneo, con testi di George Hersey e Predrag Matvejevic, seguito da una importante mostra ospitata al Philadelphia Museum of Art, al Cleveland Museum of Art, alla Triennale di Milano, alla Pinacoteca Provinciale di Bari, al Castello di Rivoli, alla Aperture’s Burden Gallery di New York. Il volume segna una svolta definitiva nell’opera fotografica di Jodice, che diviene sempre meno documentaria, sempre più immaginifica e carica di emozione e di valori plastici. Nel 2002 espone al Massachusetts College of Art di Boston la ricerca fotografica sulla città con il titolo Inlands. Visions of Boston e pubblica il volume omonimo. È inoltre scelto fra gli autori della mostra dedicata al cinquantesimo anniversario di Aperture, a New York e sempre a New York è presente nella mostra per la celebrazione del quindicesimo anniversario di Condé Nast. Nel 2003 il suo nome entra nella Enciclopedia Universale dell’Arte Garzanti e nell’Enciclopedia Treccani. Nel 2011 Jodice viene invitato dal Museo del Louvre a realizzare un progetto legato al museo e al suo patrimonio artistico. Realizza dunque una serie di ritratti ravvicinati delle persone che lavorano al Louvre, dal direttore al guardiano; parallelamente estrae da dipinti di noti artisti una serie di volti, fortemente riquadrati; crea dunque una sequenza nella quale vivi e morti, volti contemporanei fotografati e volti del passato dipinti, si alternano regolarmente legati tra loro dagli occhi, in assoluta continuità. Il 2014 è un anno importante: il 29 marzo Mimmo Jodice compie ottant’anni. In una grande festa la famiglia, gli amici e numerose personalità della cultura italiane e internazionali gli sono vicine e il Museo di Arte Contemporanea MADRE di Napoli gli rende omaggio con una cerimonia di conferimento del “Matronato alla carriera”.

 

Questa nota biografica è una sintesi di quella predisposta da Roberta Valtorta per alcuni volumi del fotografo e per il sito www.mimmojodice.it