Rosa SALVIA
“Città sospese”

di Marcella Burderi
3 Luglio 2024242

Che grande emozione. Da un osservatorio privilegiato seguire con lo sguardo il segno tangibile della città che incide il proprio spazio sul cielo. Un segno che non può mentire. Perché cemento e acciaio, torri e campanili, ponti e archi sono cose serie, fatte da esperti e gli esperti non mentono. È tutto vero. È tutto vero?

E se a guardare, ad osservare, fosse un occhio abituato alla lusinga della finzione? E se a restituire una suggestione fosse uno sguardo nato da un gesto di fantasia il cui fine sia quello di stabilire un patto tra credenti? Alleanza tra bisognosi di sogni? Allora a volare su città vulnerabili sarebbero almeno in due: il fotografo e chi guarda la fotografia.

A volare su città d’ombre, sarebbero i sognatori non gli esperti. Se aderisci a questa alleanza ti ritrovi su skyline magici in cui percepisci d’essere stato e lentamente senti di esserci stato davvero. Proprio lì, su quel ponte di matite, in quel palazzo di rocchetti, su quell’edificio di bracciali. Abitante di angoli di città vulnerabili sì ma non per questo meno vere, meno accoglienti.

Città invisibili solo agli esperti, a coloro che non sanno immaginare le piazze, il fioraio, il barista e il pizzaiolo all’incrocio della strada con la piazza. In poche parole la vita oltre la verità. Rosa Salvia con questo suo racconto ci dichiara in fondo che ciò che esiste è ciò che comprendiamo e che dar vita a qualcosa è un patto tra chi si riconosce in quel qualcosa.

Per questa via ogni scatto di uno skyline può essere un viaggio reale in un luogo immaginario dove per costruire grattacieli e torri non servono concessioni edilizie ma che la sola concessione utile te la dà la mente, la fantasia. Rosa ti sussurra che per osservare ci vogliono occhi sani, capaci di apprendere. Ci vogliono occhi che sappiano accogliere anche l’inganno divertito di Rosa ne saper guardare ciò che vero non tanto perché tangibile quanto perché riconoscibile.

Rosa Salvia insomma gioca insieme a chi guarda svelando il suo inganno ma con quel gesto gentile di disvelamento ti lascia entrare nel suo mondo, quel mondo inesistente fatto di una stanza, di oggetti di uso quotidiano nel quale una penna diventa il profilo di un ponte tra rive di libri, un bracciale diventa un edificio futuristico e un rocchetto si trasforma in una torre d’avorio. E tu, viaggiatore in alleanza con lei, sorvoli città vulnerabili se accetti il patto con Rosa: io racconto, tu mi credi.